Sono passati quattro mesi da quando sono tornata in Italia e molti di voi mi hanno spesso chiesto i motivi di questa mia scelta. Non so perché ho aspettato così tanto per scrivere questo articolo, forse perché non ero del tutto sicura nemmeno io della validità dei motivi che mi hanno spinta a prendere questa decisione.
Fatto sta che l’articolo che scrivo oggi sarà sicuramente diverso dall’articolo che avrei scritto appena tornata in Italia perché questi mesi mi hanno dato tempo per pensare e riflettere.
Premessa
Prima di spiegarvi i motivi per cui sono tornata però è necessario che faccia un premessa. Ho perso mia mamma quando avevo 17 anni, ed essendo quindi solo io e mio papà, quando gli ho detto che avevo vinto la borsa di studio e sarei stata in Corea per 3 anni diciamo che non era proprio la persona più felice del mondo. Ok, sto minimizzando, non era felice per niente. Però in quel periodo io dovevo andarmene via perché in Italia non stavo più bene e nonostante il pensiero contrario di mio padre decisi di andare per la mia strada.
Per fortuna col passare del tempo ha accettato l’idea e mi ha anche supportata in qualche caso, ma appena qualcosa non andava bene e gliene parlavo non mancava di farmi notare che: “nessuno ti ha obbligato ad andare via, l’hai voluto tu ecc…”. Potete capire che anche se fai qualcosa che ti piace non si è mai completamente contenti se non si trova approvazione nei genitori. O almeno per me è stato così.
Si capisce da se che mio padre, e mia nonna con lui, non facessero altro che contare i giorni che li separavano dal mio ritorno.
Tornare o non tornare?
Ora che avete un quadro generale della mia situazione aggiungeteci una nonna 92enne che a ogni chiamata skype mi chiedeva quando sarei tornata e le condizioni di salute non proprio ottimali di mio papà e capirete perché ho cominciato a considerare seriamente l’idea di tornare.
Ovviamente non sono state le uniche motivazioni, ma c’è stato un sommarsi di vari fattori. Innanzitutto vorrei farvi notare che il pensiero di tornare a casa mi era già venuto due volte prima della decisione definitiva: la prima volta è stato alla fine del primo anno di master, quando lo stress e l’insoddisfazione avevano raggiunto livelli insostenibili per me e avevo cominciato a valutare l’idea di mollare la borsa di studio e tornarmene a casa. Il mio piano era di tornare a casa 3 settimane a Luglio per le vacanze e poi, una volta tornata in Corea, annullare la borsa di studio, rimanere un mesetto per cercare alternative per rimanere e intanto rilassarmi un po’ e poi, se non avessi trovato niente, tornare a casa. In quell’occasione sono stata fortunata perché la scuola dove insegnavo part-time stava cercando un’altra insegnante a tempo pieno in quanto la ragazza che lavorava lì da 3 anni doveva rientrare in Italia. Così, colta la palla al balzo ho cambiato il visto e ho trovato il modo di rimanere facendo una cosa che mi piaceva e che mi lasciava comunque abbastanza tempo libero per avere una vita sociale.
Sembrava tutto perfetto! Troppo perfetto. Dopo 3 mesi infatti mi sono ritrovata a discutere con la direttrice sul mio metodo di insegnamento più altre cose di cui non vi sto a parlare, e questo mi aveva buttato abbastanza giù, ero triste e depressa un po’ perché non ero riuscita a far valere le mie ragioni (quando ti dicono: “non mi interessa cosa pensi, o fai così o te ne vai” non è proprio facile) e un po’ perché sentivo di aver sbagliato tutto. L’idea di tornare in Italia cominciava di nuovo a balenarmi per la mente, ma per fortuna alla fine sono riuscita a trovare il mio equilibrio e tutto è tornato a posto.
La decisione definitiva
Dovete sapere che quando decisi di rimanere in Corea a insegnare italiano dissi a mio padre che sarei rimasta un anno (la durata del contratto) e poi, dopo aver fatto esperienza, sarei tornata in Italia a cercare lavoro come insegnante di italiano agli stranieri, visto che anche in Italia c’erano tante scuole del genere. Gli feci questo discorso un po’ per tranquillizzarlo, un po’ perché non sapevo se mi avrebbero rinnovato il contratto dopo un anno, e un po’ perché ero convinta che un altro anno in Corea sarebbe stato sufficiente per completare la mia esperienza all’estero. In ogni caso avevo ancora un anno e un sacco di tempo per pensarci.
Peccato che il tempo assume sempre forme e dimensioni relative e già verso febbraio mi rendevo conto di non avere poi così tanto tempo. Come se non bastasse avrei dovuto avvertire anticipatamente la scuola nel caso decidessi di andarmene, visto che mi avrebbero rinnovato il contratto, e quindi dovevo dargli tempo di trovare un sostituto. Così in realtà mi rimanevano solo circa 3/4 mesi.
Decidere di tornare in Italia è stata una delle decisioni più difficili e sofferte che abbia mai preso in vita mia. Ho passato quei 4 mesi stressata e straziata dall’indecisione “Cosa fare? Qual’è la decisione giusta? Resto? Vado? E se vado cosa faccio? Ma se resto e poi succede qualcosa in Italia?” tutte queste domande continuavano a girarmi per la testa e non riuscivo più a dormire alla notte. Un giorno dicevo “si dai, torno in Italia” e il giorno dopo avevo già cambiato idea, tanto che anche i miei amici ormai non ci capivano più niente.
Nemmeno la lista dei pro e contro che mi aiutò Laura a fare riuscì a chiarirmi le idee. Da un lato c’era la mia famiglia che chiamava, io che ogni giorno di più mi facevo irritare dai comportamenti assurdi dei coreani, altri piccoli problemi pratici tipo l’impossibilità di trovare scarpe che mi andassero bene o la schiuma per capelli o le medicine per la pressione che dovevo farmi mandare periodicamente dall’Italia da mio papà, dall’altro c’era una vita indipendente che mi ero costruita, tutti i miei amici che erano diventati la mia seconda famiglia, un lavoro che mi piaceva e una vita che tutto sommato mi dava soddisfazioni.
Leggi anche: “La mia vita in Corea: 3 anni dopo”
Probabilmente il fattore che ha fatto cadere l’ago della bilancia dalla parte del tornare è stata la mia impossibilità di tornare in Italia ogni tanto dovuta alla mancanza di ferie. Infatti, come abbiamo detto in diverse occasioni, i coreani godono di pochissimi giorni di ferie all’anno, di solito 10 che non si possono prendere tutti attaccati. Ecco, io ne avevo 5. 5 giorni all’anno non ti permettono di tornare in Italia, cioè, te lo permettono ma non ne vale assolutamente la pena e soprattutto la spesa per il biglietto.
Leggi anche: “Lavorare in un’azienda coreana”
A tutto questo devo aggiungere che non riuscivo a immaginare di vivere per sempre in Corea, né, nel caso, di avere una famiglia lì. La società coreana è troppo competitiva, stressante e mentalmente poco elastica per viverci bene a lungo. Quindi mi sono detta “Perché sprecare il mio tempo in un posto dove so già che non voglio vivere?”. Decisione presa.
Tornare in Italia
Tornare in Italia a primo impatto non è stato così shockante come immaginavo, probabilmente perché non avevo ancora realizzato che ero tornata per restare. Già dalla terza settimana però ho cominciato a sentire la mancanza della Corea, dei miei amici, dei miei ritmi e ho passato un brutto mese persa nel “cosa farò della mia vita” durante il quale il cibo ha avuto la meglio e ho cominciato a mangiare a qualsiasi ora del giorno e della notte. La cosa più difficile probabilmente è stata tornare a vivere con mio papà, dopo 3 anni che vivi lontano dai genitori e ti sei creata le tue abitudini tornare a condividere gli spazi è stato molto stressante, e non sono mancate le discussioni per le minime stupidaggini.
Per fortuna sono tornata in me abbastanza in fretta e adesso guardo avanti sperando che il futuro mi porti nuove esperienze e nuove opportunità. La Corea fa sempre parte della mia vita e sicuramente ci tornerò presto (come fa Hong Ki senza di me??) anche se non a lungo termine.
Alla fine dei conti l’Italia è casa mia, e nonostante tutti i lati negativi che ha (tra i quali spiccano governabilità e organizzazione) non ci si vive male. Rimarrò per sempre qui? Non ne sono molto sicura, la mia mente sente il richiamo di altre mete, possibilmente al caldo stavolta, ma magari non così lontane come la Corea. Staremo a vedere.
Spero di essere stata abbastanza esaustiva con questo articolo e mi scuso se mi ci è voluto tanto per scriverlo, ma come avrete capito, era abbastanza personale.
Leggi anche: “Laura: Perché sono tornata in Italia”
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Giugno 10, 2023
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Sono passati quattro mesi da quando sono tornata in Italia e molti di voi mi hanno spesso chiesto i motivi di questa mia scelta. Non so perché ho aspettato così tanto per scrivere questo articolo, forse perché non ero del tutto sicura nemmeno io della validità dei motivi che mi hanno spinta a prendere questa decisione.
Fatto sta che l’articolo che scrivo oggi sarà sicuramente diverso dall’articolo che avrei scritto appena tornata in Italia perché questi mesi mi hanno dato tempo per pensare e riflettere.
Premessa
Prima di spiegarvi i motivi per cui sono tornata però è necessario che faccia un premessa. Ho perso mia mamma quando avevo 17 anni, ed essendo quindi solo io e mio papà, quando gli ho detto che avevo vinto la borsa di studio e sarei stata in Corea per 3 anni diciamo che non era proprio la persona più felice del mondo. Ok, sto minimizzando, non era felice per niente. Però in quel periodo io dovevo andarmene via perché in Italia non stavo più bene e nonostante il pensiero contrario di mio padre decisi di andare per la mia strada.
Per fortuna col passare del tempo ha accettato l’idea e mi ha anche supportata in qualche caso, ma appena qualcosa non andava bene e gliene parlavo non mancava di farmi notare che: “nessuno ti ha obbligato ad andare via, l’hai voluto tu ecc…”. Potete capire che anche se fai qualcosa che ti piace non si è mai completamente contenti se non si trova approvazione nei genitori. O almeno per me è stato così.
Si capisce da se che mio padre, e mia nonna con lui, non facessero altro che contare i giorni che li separavano dal mio ritorno.
Tornare o non tornare?
Ora che avete un quadro generale della mia situazione aggiungeteci una nonna 92enne che a ogni chiamata skype mi chiedeva quando sarei tornata e le condizioni di salute non proprio ottimali di mio papà e capirete perché ho cominciato a considerare seriamente l’idea di tornare.
Ovviamente non sono state le uniche motivazioni, ma c’è stato un sommarsi di vari fattori. Innanzitutto vorrei farvi notare che il pensiero di tornare a casa mi era già venuto due volte prima della decisione definitiva: la prima volta è stato alla fine del primo anno di master, quando lo stress e l’insoddisfazione avevano raggiunto livelli insostenibili per me e avevo cominciato a valutare l’idea di mollare la borsa di studio e tornarmene a casa. Il mio piano era di tornare a casa 3 settimane a Luglio per le vacanze e poi, una volta tornata in Corea, annullare la borsa di studio, rimanere un mesetto per cercare alternative per rimanere e intanto rilassarmi un po’ e poi, se non avessi trovato niente, tornare a casa. In quell’occasione sono stata fortunata perché la scuola dove insegnavo part-time stava cercando un’altra insegnante a tempo pieno in quanto la ragazza che lavorava lì da 3 anni doveva rientrare in Italia. Così, colta la palla al balzo ho cambiato il visto e ho trovato il modo di rimanere facendo una cosa che mi piaceva e che mi lasciava comunque abbastanza tempo libero per avere una vita sociale.
Sembrava tutto perfetto! Troppo perfetto. Dopo 3 mesi infatti mi sono ritrovata a discutere con la direttrice sul mio metodo di insegnamento più altre cose di cui non vi sto a parlare, e questo mi aveva buttato abbastanza giù, ero triste e depressa un po’ perché non ero riuscita a far valere le mie ragioni (quando ti dicono: “non mi interessa cosa pensi, o fai così o te ne vai” non è proprio facile) e un po’ perché sentivo di aver sbagliato tutto. L’idea di tornare in Italia cominciava di nuovo a balenarmi per la mente, ma per fortuna alla fine sono riuscita a trovare il mio equilibrio e tutto è tornato a posto.
La decisione definitiva
Dovete sapere che quando decisi di rimanere in Corea a insegnare italiano dissi a mio padre che sarei rimasta un anno (la durata del contratto) e poi, dopo aver fatto esperienza, sarei tornata in Italia a cercare lavoro come insegnante di italiano agli stranieri, visto che anche in Italia c’erano tante scuole del genere. Gli feci questo discorso un po’ per tranquillizzarlo, un po’ perché non sapevo se mi avrebbero rinnovato il contratto dopo un anno, e un po’ perché ero convinta che un altro anno in Corea sarebbe stato sufficiente per completare la mia esperienza all’estero. In ogni caso avevo ancora un anno e un sacco di tempo per pensarci.
Peccato che il tempo assume sempre forme e dimensioni relative e già verso febbraio mi rendevo conto di non avere poi così tanto tempo. Come se non bastasse avrei dovuto avvertire anticipatamente la scuola nel caso decidessi di andarmene, visto che mi avrebbero rinnovato il contratto, e quindi dovevo dargli tempo di trovare un sostituto. Così in realtà mi rimanevano solo circa 3/4 mesi.
Decidere di tornare in Italia è stata una delle decisioni più difficili e sofferte che abbia mai preso in vita mia. Ho passato quei 4 mesi stressata e straziata dall’indecisione “Cosa fare? Qual’è la decisione giusta? Resto? Vado? E se vado cosa faccio? Ma se resto e poi succede qualcosa in Italia?” tutte queste domande continuavano a girarmi per la testa e non riuscivo più a dormire alla notte. Un giorno dicevo “si dai, torno in Italia” e il giorno dopo avevo già cambiato idea, tanto che anche i miei amici ormai non ci capivano più niente.
Nemmeno la lista dei pro e contro che mi aiutò Laura a fare riuscì a chiarirmi le idee. Da un lato c’era la mia famiglia che chiamava, io che ogni giorno di più mi facevo irritare dai comportamenti assurdi dei coreani, altri piccoli problemi pratici tipo l’impossibilità di trovare scarpe che mi andassero bene o la schiuma per capelli o le medicine per la pressione che dovevo farmi mandare periodicamente dall’Italia da mio papà, dall’altro c’era una vita indipendente che mi ero costruita, tutti i miei amici che erano diventati la mia seconda famiglia, un lavoro che mi piaceva e una vita che tutto sommato mi dava soddisfazioni.
Leggi anche: “La mia vita in Corea: 3 anni dopo”
Probabilmente il fattore che ha fatto cadere l’ago della bilancia dalla parte del tornare è stata la mia impossibilità di tornare in Italia ogni tanto dovuta alla mancanza di ferie. Infatti, come abbiamo detto in diverse occasioni, i coreani godono di pochissimi giorni di ferie all’anno, di solito 10 che non si possono prendere tutti attaccati. Ecco, io ne avevo 5. 5 giorni all’anno non ti permettono di tornare in Italia, cioè, te lo permettono ma non ne vale assolutamente la pena e soprattutto la spesa per il biglietto.
Leggi anche: “Lavorare in un’azienda coreana”
A tutto questo devo aggiungere che non riuscivo a immaginare di vivere per sempre in Corea, né, nel caso, di avere una famiglia lì. La società coreana è troppo competitiva, stressante e mentalmente poco elastica per viverci bene a lungo. Quindi mi sono detta “Perché sprecare il mio tempo in un posto dove so già che non voglio vivere?”. Decisione presa.
Tornare in Italia
Tornare in Italia a primo impatto non è stato così shockante come immaginavo, probabilmente perché non avevo ancora realizzato che ero tornata per restare. Già dalla terza settimana però ho cominciato a sentire la mancanza della Corea, dei miei amici, dei miei ritmi e ho passato un brutto mese persa nel “cosa farò della mia vita” durante il quale il cibo ha avuto la meglio e ho cominciato a mangiare a qualsiasi ora del giorno e della notte. La cosa più difficile probabilmente è stata tornare a vivere con mio papà, dopo 3 anni che vivi lontano dai genitori e ti sei creata le tue abitudini tornare a condividere gli spazi è stato molto stressante, e non sono mancate le discussioni per le minime stupidaggini.
Per fortuna sono tornata in me abbastanza in fretta e adesso guardo avanti sperando che il futuro mi porti nuove esperienze e nuove opportunità. La Corea fa sempre parte della mia vita e sicuramente ci tornerò presto (come fa Hong Ki senza di me??) anche se non a lungo termine.
Alla fine dei conti l’Italia è casa mia, e nonostante tutti i lati negativi che ha (tra i quali spiccano governabilità e organizzazione) non ci si vive male. Rimarrò per sempre qui? Non ne sono molto sicura, la mia mente sente il richiamo di altre mete, possibilmente al caldo stavolta, ma magari non così lontane come la Corea. Staremo a vedere.
Spero di essere stata abbastanza esaustiva con questo articolo e mi scuso se mi ci è voluto tanto per scriverlo, ma come avrete capito, era abbastanza personale.
Leggi anche: “Laura: Perché sono tornata in Italia”
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Commenti
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Ciao Bora, ho trovato questo articolo molto interessante quanto amaro. Sei una ragazza molto tosta e forte e ti ammiro per questo. Io onestamente preferirei non vivere in Corea, non mi piacciono i posti troppo rigidi, ma ogni occasione è giusta per crescere e tutto il mondo è paese. Un abbraccio.
Ciao Bora!! Fatti forza, più mi guardo intorno più capisco che è un problema abbastanza comune il non sapere cosa fare della propria vita, non sapere quale strade prendere ecc. ho letto il tuo articolo tutto d’un fiato, capisco come ti senti. Il tempo passa inesorabile e proprio mentre pensiamo di averne tanto ci rendiamo conto di quanto sia fulmineo. Tuttavia secondo me hai fatto la scelta migliore considerando la tua situazione. Sei una ragazza eccezionale, saranno le occasioni a trovare te. In bocca al lupo per tutto ♥
Cara Borella, che dire? Quando non hai fatto esperienze all’estero è difficile capire pienamente le motivazioni di qualcuno che ha avuto l’opportunità di vivere fuori dall’Italia e non l’ha colta, perché qui noi vediamo solo i lati negativi della nostra nazione, quindi il resto del mondo ci sembra stupendo e tutto ci sembra sopportabile, basta che non sia in Italia. Però purtroppo non è così, le cose vanno valutate quando ci sei dentro, e non è mica facile… L’importante secondo me è che si prendano decisioni con cognizione di causa, che è quello che hai fatto tu, alla fine! Quindi niente, tanta buona fortuna per te! <3