Dopo un anno e mezzo passato in Corea, a novembre 2014 ho deciso di tornare in Italia. Molte persone mi hanno chiesto a cosa fosse dovuta questa mia decisione e, dopo un anno di ripensamenti, oggi sto finalmente provando a scrivere quelle che sono le motivazioni che mi hanno portata a scegliere di tornare in Italia.
Prima di entrare in quello che sarà il vivo di questo post ci tengo ad affermare che: non è stata una scelta facile, ho dovuto guardare in faccia la realtà dei fatti, le verità scomode e entrare in conflitto con me stessa, cercando di capire a fondo cosa io volessi fare o diventare.
Questi sono i problemi che mi sono ritrovata ad affrontare:
Il visto
A gennaio 2014, dopo i primi sei mesi passati a Seoul, avevo deciso che avrei fatto l’università per ottenere il visto da studio e così restare in Corea altri 4 anni.
Apparentemente non c’è nulla di sbagliato in questa affermazione, molti giovani d’oggi fanno l’università all’estero, è una bellissima esperienza che ti permette di crescere e di imparare una o più lingue, ma dopo un po’ di riflessioni ho capito che: avrei fatto l’università per il motivo sbagliato perché non mi piace studiare.
Ho realizzato che non avrebbe avuto alcun senso cominciare un percorso di studi che volevo fare per ragioni sbagliate. Credo fermamente che l’università non si debba fare perché “bisogna”, ma perché “si voglia”.
Il mantenimento
Qui entra in gioco il secondo problema: per fare l’università avrei dovuto chiedere un aiuto economico ai miei parenti.
Per quanto? 4 anni? E se poi non mi fossi riuscita ad impegnare con l’università e avessi fatto spendere un sacco di soldi ai miei nonni per poi portare a casa il nulla cosmico? Nossignore.
Aggiungiamo anche il fatto che sono grande abbastanza da potermi permettere di avere un lavoro e mantenermi da sola.
Lasciatemi indovinare, adesso vi starete chiedendo come mai io non abbia scelto di risolvere i miei problemi lavorando in Corea… Bene, ho risposta anche a questa domanda.
Il lavoro
Perché non voglio lavorare in Corea?
Prima di tutto perché devi trovare qualcuno che sia disposto a concederti il visto, cosa che è molto difficile da ottenere senza avere una laurea o essere specializzati in un settore in particolare, secondo perché lo stile lavorativo dei coreani non mi elettrizza, anzi, mi fa proprio paura. Con questo non voglio dire che in tutte le aziende coreane si finisca per lavorare 10 ore al giorno, ma anche la sola possibilità mi spaventa. Senza contare che ho la stragrande fortuna di avere un lavoro in Italia. Un lavoro che mi piace, che mi fa sentire appagata e che mi sta permettendo di specializzarmi in un settore anche senza aver fatto l’università. Un’occasione del genere è impagabile ed è l’aspirazione di tutta la mia vita.
Leggi anche: Lavorare in un’azienda coreana.
Ovviamente, con un po’ di buona volontà, avrei potuto fare una qualsiasi delle cose elencate qui sopra, avrei potuto mettermi con costanza a fare l’università, avrei potuto lavorare, avrei potuto fare fondamentalmente tutto.
Tiriamo le somme
Ma quindi perché ho deciso di andarmene?
Dopo un anno e mezzo mi sono semplicemente accorta che, per quanto mi piacesse, la Corea non facesse per me. Non è un paese in cui mi vedo vivere per periodi spropositati di tempo, non è il paese in cui voglio lavorare o mettere su famiglia. Queste sono tutte cose molto importanti e da prendere in considerazione nel momento in cui si valuta la possibilità di trasferirsi a tempo indeterminato in un nuovo paese e, molto semplicemente, la realtà giornaliera coreana non risuona per niente con il tipo di persona che sono e con i valori che ho.
Leggi anche: La mia vita in Corea: 3 anni dopo.
La Corea ha segnato uno dei periodi più belli e spensierati della mia vita, ma sto ancora cercando quel paese che mi faccia battere il cuore e pensare: “è qui che voglio passare tutta la vita”.
Ci tengo a precisare che ciò che ho scritto si applica a me, ogni persona ha un’esperienza diversa ed è giustissimo così. Siamo milioni di persone a questo mondo e ognuno di noi ha diritto di vivere la sua vita come meglio crede.
Laura
P.S. Per tutti quelli che: “ma non fai più parte di Persi in Corea?”
Lavoro giornalmente per Persi in Corea, rispondo ai messaggi sul sito, a quelli su facebook e alle email. Mi occupo di organizzare il sito, di editare gli articoli e programmarli sui nostri social (con un graditissimo aiuto da parte di Borella) – è un lavoro molto impegnativo che va fatto giornalmente.
A settembre arriveranno un po’ di novità che non vedo l’ora di condividere con voi! Per ora Stay Tuned!
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Giugno 10, 2023
Giugno 10, 2023
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Prima di entrare in quello che sarà il vivo di questo post ci tengo ad affermare che: non è stata una scelta facile, ho dovuto guardare in faccia la realtà dei fatti, le verità scomode e entrare in conflitto con me stessa, cercando di capire a fondo cosa io volessi fare o diventare.
Questi sono i problemi che mi sono ritrovata ad affrontare:
Il visto
A gennaio 2014, dopo i primi sei mesi passati a Seoul, avevo deciso che avrei fatto l’università per ottenere il visto da studio e così restare in Corea altri 4 anni.
Apparentemente non c’è nulla di sbagliato in questa affermazione, molti giovani d’oggi fanno l’università all’estero, è una bellissima esperienza che ti permette di crescere e di imparare una o più lingue, ma dopo un po’ di riflessioni ho capito che: avrei fatto l’università per il motivo sbagliato perché non mi piace studiare.
Ho realizzato che non avrebbe avuto alcun senso cominciare un percorso di studi che volevo fare per ragioni sbagliate. Credo fermamente che l’università non si debba fare perché “bisogna”, ma perché “si voglia”.
Il mantenimento
Qui entra in gioco il secondo problema: per fare l’università avrei dovuto chiedere un aiuto economico ai miei parenti.
Per quanto? 4 anni? E se poi non mi fossi riuscita ad impegnare con l’università e avessi fatto spendere un sacco di soldi ai miei nonni per poi portare a casa il nulla cosmico? Nossignore.
Aggiungiamo anche il fatto che sono grande abbastanza da potermi permettere di avere un lavoro e mantenermi da sola.
Lasciatemi indovinare, adesso vi starete chiedendo come mai io non abbia scelto di risolvere i miei problemi lavorando in Corea… Bene, ho risposta anche a questa domanda.
Il lavoro
Perché non voglio lavorare in Corea?
Prima di tutto perché devi trovare qualcuno che sia disposto a concederti il visto, cosa che è molto difficile da ottenere senza avere una laurea o essere specializzati in un settore in particolare, secondo perché lo stile lavorativo dei coreani non mi elettrizza, anzi, mi fa proprio paura. Con questo non voglio dire che in tutte le aziende coreane si finisca per lavorare 10 ore al giorno, ma anche la sola possibilità mi spaventa. Senza contare che ho la stragrande fortuna di avere un lavoro in Italia. Un lavoro che mi piace, che mi fa sentire appagata e che mi sta permettendo di specializzarmi in un settore anche senza aver fatto l’università. Un’occasione del genere è impagabile ed è l’aspirazione di tutta la mia vita.
Leggi anche: Lavorare in un’azienda coreana.
Ovviamente, con un po’ di buona volontà, avrei potuto fare una qualsiasi delle cose elencate qui sopra, avrei potuto mettermi con costanza a fare l’università, avrei potuto lavorare, avrei potuto fare fondamentalmente tutto.
Tiriamo le somme
Ma quindi perché ho deciso di andarmene?
Dopo un anno e mezzo mi sono semplicemente accorta che, per quanto mi piacesse, la Corea non facesse per me. Non è un paese in cui mi vedo vivere per periodi spropositati di tempo, non è il paese in cui voglio lavorare o mettere su famiglia. Queste sono tutte cose molto importanti e da prendere in considerazione nel momento in cui si valuta la possibilità di trasferirsi a tempo indeterminato in un nuovo paese e, molto semplicemente, la realtà giornaliera coreana non risuona per niente con il tipo di persona che sono e con i valori che ho.
Leggi anche: La mia vita in Corea: 3 anni dopo.
La Corea ha segnato uno dei periodi più belli e spensierati della mia vita, ma sto ancora cercando quel paese che mi faccia battere il cuore e pensare: “è qui che voglio passare tutta la vita”.
Ci tengo a precisare che ciò che ho scritto si applica a me, ogni persona ha un’esperienza diversa ed è giustissimo così. Siamo milioni di persone a questo mondo e ognuno di noi ha diritto di vivere la sua vita come meglio crede.
Laura
P.S. Per tutti quelli che: “ma non fai più parte di Persi in Corea?”
Lavoro giornalmente per Persi in Corea, rispondo ai messaggi sul sito, a quelli su facebook e alle email. Mi occupo di organizzare il sito, di editare gli articoli e programmarli sui nostri social (con un graditissimo aiuto da parte di Borella) – è un lavoro molto impegnativo che va fatto giornalmente.
A settembre arriveranno un po’ di novità che non vedo l’ora di condividere con voi! Per ora Stay Tuned!
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Commenti
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interessante video e articolo. ma aldilà degli ostacoli burocratici ecc… sarebbe interessante capire nella vita pratica e semplice, anche con esempi banali, ciò che ti è piaciuto e cosa no, o ti è sembrato troppo diverso dalla cultura occidentale. la diversità può arricchire molto, ma magari alla lunga rimane difficile accettarne certi aspetti. grazie
Quello è un discroso che bisognerà affrontare a parte, queste sono le motivazioni principali che mi hanno portata a tronare in Italia, le cose che non mi piacciono sono sfumature secondarie! 🙂 Sono comunque d’accordissimo nel dire che le diversità arricchiscano, ma qundo si pensa se rimanere a lungo in un paese bisogna anche riflettese sul se si è disposti ad abbracciarle o no.
Se vuoi farti un’idea di ciò che non mi piace della Corea puoi leggere un articolo scritto da Bora, che si avvicina tantissimo a ciò che penso anche io, lo trovi a questo link.
Oh come ti capisco, dover vivere in un posto che non soddisfa il tuo modo di essere…
Spero tu possa trovare presto il posto adatto a te, se non lo hai già fatto.
Mi mancherà vedere il tuo bel visto in video.
Io ti capisco bene. Perchè ho fatto una esperienza simile alla tua, anche se 10 anni fa. Volevo andare in Korea a tutti i costi ma lavoravo già qui con un lavoro ben retribuito (ma che non mi piaceva) per cui mi sono concessa delle lunghe vacanze a Seoul e dintorni per cercare di capire cosa potevo fare li (non l’università essendo già 30enne laureata qui). Pensavo di insegnare l’italiano (ma lavoro poco pagato e incostante), avevo anche contattato l’ufficio sviluppo italiano per vedere aziende italiane che lavoravano sul territorio coreano. In sostanza non c’erano concrete possibilità di lavorare là non nell’immediato, ma cmq sicuramente tutti mi dissero e me ne accorsi anche vivendo là che la si può vivere bene, magari se non lavori e hai un marito ricco (che non vedi mai se è sempre in ufficio XD), ma se lavori quasi sicuramente avrai poche ferie, tanto ore in ufficio, se hai un figlio poca maternità, niente part time. Il tutto confermato anche dalle mie amiche coreane in Italia che si sono trasferite qui per matrimonio e vivono nella mia città/regione. Insomma tutto da valutare molto attentamente…poi come dici tu ognuno fa le proprie valutazioni e ragiona sulle esperienze e sentimenti che ha, ma quello che hai scritto corrisponde molto a quello che provai io.
Ciao, seguo da molto tempo le vostre attività e la cultura oriente in generale mi appassiona molto. Mi piacerebbe un giorno poter andare in Corea, ma nonostante io sia sempre rimasta in Italia senza vivere certe esperienze sulla mia pelle, capisco perfettamente ciò che dici. Sono sicura che il giorno in cui preparerò la mia valigia per andare in Corea me ne innamorerò perdutamente, ma non credo diventerà la mia futura casa. Alla fine i ritmi delle persone, le abitudini, la metalità, gli studi e il lavoro sono difficili da gestire persino qui in Italia che è il nostro paese, figuriamoci lì.
Però, mi chiedevo se ti piacerebbe ritornarci per un tempo limitato, se ne senti la mancaza. Com’è stato per te il ritorno a casa e il distacco dalla Corea?
Ciao Eleonora e grazie per il commento!
Finché non andrai in Corea non è mai detta l’ultima parola, magari sarai una di quelle persone che si sapranno adattare al meglio, oppure, come me, sarai una di quelle che volgeranno lo sguardo verso altri orizzonti, non si può mai sapere! Spero tu possa vivere un’esperienza all’estero e decida di viverla al meglio e per un periodo di tempo adatto a te e alle tue esigenze, che sia un mese, un anno o tutta la vita 🙂
Per rispondere alla tua domanda: Il ritorno in Italia è stato abbastanza traumatico, anche se avevo scelto io di tornare mi sono sentita un po’ abbandonata a me stessa, come se mi stessi perdendo qualcosa non essendo più in Corea. Non ho sofferto tanto per l’idea di essere tornata in Italia, quanto per il fatto che tutti i miei amici fossero ancora in Corea e io purtroppo no 🙁 Poi dopo 3-4 mesi le cose si sono sistemate e ho iniziato ad abituarmi nuovamente a quella che è la vita in Italia. Sto già pianificando di tornare in Corea in vacanza, per un periodo limitato di tempo (1-2 mesi), perché nonostante tutto ci sono Cose a cui non so rinunciare! (:
Un bacino!
Ciao Laura,
secondo me hai fatto bene a tornare in Italia.
Non posso dire che capisco come ti senti visto che non mi sono mai trovata in una situazione simile, ma so bene che a volte c’è bisogno di tornare a casa e godersi quella meravigliosa sensazione e pensare “si appartengo a questo posto”. E’ risaputo che la Corea è molto rigida in tutti i campi, lavorativo, scolastico e persino sociale. L’Italia è tutto un altro mondo.
Spero adesso che tu possa ritrovare te stessa e non avere nessun rimpianto in quanto, ripeto, hai fatto la scelta che a me sembra più giusta!
Anche io ho rifiutato l’università perché non avevo proprio voglia di mettermi sui libri 24h infatti adesso sto per affrontare un viaggio proposto da un progetto erasmus a Londra per 4 mesi. Devo essere l’unica persona in Italia che pur non avendo lauree e non cercando lavoro, quest’ultimo cerca me, a Londra per di più, assurdo. Ma ne sono grata e soprattutto consapevole che se fossi all’uni non avrei avuto questa esperienza.
Bisogna essere furbi e intelligenti, il che non corrisponde ad essere laureati.
Un bacio e in bocca al lupo per tutto!
Ciao, Marlene!
Guarda, il mio grande problema è che in verità non mi sento a casa mia da nessuna parte, non mi sento di avere delle radici, ma quando poi capita di andare all’estero per periodi molto lunghi mi viene molta malinconia, sopratutto nei confronti della mia famiglia. E il problema che ho con la Corea è proprio la loro rigidità e alcuni estremismi che secondo me sono assolutamente inutili, ma ripeto: secondo me.
Marlene, sono anche convinta di una cosa: se vuoi lavorare il lavoro lo trovi e sarà lui a cercare te, proprio come hai detto tu 🙂 Non voglio generalizzare e dire che sia così in tutti i casi, ma tutte le volte che ho voluto fermamente trovare lavoro non ho mai avuto problemi, anche senza avere una laurea nel taschino ahaha
Sono felice di sentire di persone che hanno preso una scelta simile alla mia, mi fa sentire meno sola e un po’ più compresa! Buona fortuna per l’esperienza che andrai a fare a Londra, spero avrai la possibilità di farne molte altre in futuro! Un bacino!
P.S. Perdonami ma sono una persona che ama filosofeggiare e parlare di miliardi di cose 😛
Salve, prima di tutto bell’articolo introspettivo.
Comunque da quello che dici te, e dagli articoli di quotidiani che ho letto, è pratica comune lavorare in corea più delle 10 ore. Cioè, lessi che tra le capitali mondiali è una di quelle che ha il peggiore rapporto ore di lavoro e retribuzione.
Non so se i dipendenti di lavoro siano protetti o meno, ma a prescindere da ciò, è costume loro lavorare fino ad orari proibitivi.
PS: Per quello che vale, tutti i drama con tematiche “lavoro d’ufficio” si vede gente pimpante e felice che lavora fino a tardi.