Questo post non vi darà nessuna informazione utile o per lo meno pratica sulla Corea, ma sarà un modo personale per me per far luce sui cambiamenti che ho avuto e sui quali finora non ho mai riflettuto e per voi, forse, per conoscermi un po’ meglio.

Tra qualche settimana sarà il 5 anniversario del mio arrivo in Corea.

CINQUE ANNI. L’ho realizzato solo in questo momento, seduta in un treno che mi sta portando da Nizza a Firenze per lavoro. Con lo sguardo perso nell’infinita distesa di spiagge che mi scorrono veloci a lato. La prima impressione è che questi anni siano volati, letteralmente, ma cercando di elencare mentalmente tutti gli eventi successi in questo periodo mi sono resa conto di come, il mio arrivo in Corea, sembri in realtà un ricordo distante e questi appartenente a qualcun altro, un ricordo non mio.
Appena arrivata a Seoul ero euforica, un euforia che era un misto di aspettative e allo stesso tempo di timore. Timore di non essere in grado di farcela con le mie sole forze, timore di non riuscirmi ad adattare alla vita in una nazione con una cultura totalmente diversa dalla mia. Per il primo anno tutto è stato un susseguirsi di prime esperienze, era un po’ come essere tornata bambina, nulla era dato per scontato e ogni giorno portava con se un nuovo insegnamento.
Ora sono passati 5 anni. Il corso di coreano che ha dettato l’inizio di questa avventura è ormai un ricordo opaco, quasi appartenete ad un altra vita. La libertà di essere sempre fuori con gli amici a divertirmi e a scoprire questa nuova realtà e la spensieratezza di non dovermi preoccupare del futuro sono ormai privilegi che non mi posso più permettere. Senza nemmeno rendermene conto mi sono ritrovata catapultata in uno tsunami di responsabilità dalle quali non posso fuggire. Le mie priorità sono completamente cambiate e mi sono ritrovata a preoccuparmi 24h su 24 di faccende di lavoro e università, a volte quasi arrivando ad annullare la mia vita sociale. Sono diventata adulta. O forse no, sono solo diventata coreana.

Questa serie di pensieri che mi sono improvvisamente esplosi nella testa senza alcun preavviso mi hanno fatto riflettere molto: sarei la stessa persona che sono oggi anche se non fossi andata in Corea? Avrei lo stesso carattere?  Le stesse priorità? Forse no. Anzi, sicuramente no.

Dato che sono una persona matematica e onestamente i post troppo discorsivi non fanno proprio per me, proseguiamo subito con un bel elenco di tutti i cambiamenti che ho riscontrato dopo 5 anni vissuti in Corea. Li scoprirò anche io qui con voi man mano che scrivo questo articolo.

Dalla bella di giorno alla bestia di notte

Osservando la mia immagine riflessa nel finestrino di questo treno, che sembra non arrivare più, mi sono resa conto di come il mio modo di truccarmi, vestirmi e prendermi cura di me stessa sia radicalmente cambiato.
Sono ormai 16 anni che le vacanze estive le trascorro sulla costa Francese, questo treno mi ha vista crescere anno per anno, ma da quando sono partita per la Corea sono riuscita a venire solo un paio di volte. In passato avrei probabilmente indossato una t-shirt presa a caso dal mio armadio e un paio di shorts con delle scarpe da ginnastica, ma ora le cose sono cambiate.
La popolazione coreana, specialmente le nuove generazioni, è estremamente attenta alle apparenze. Si viene spesso e volentieri giudicati in base al modo in cui si è vestiti e essere sempre truccati e alla moda sembrano essere le priorità. Ogni mattina, prendendo la metro per andare a lavoro o all’università, mi ritrovo travolta da migliaia di coreani tutti attenti a sistemarsi i capelli e a ridefinire il loro trucco, le donne spesso con tacchi a spillo così vertiginosi che se li indossassi io, oltre a sembrare un insaccato pronto alla vendita, rischierei probabilmente di cadere e finire al pronto soccorso dopo il primo passo. Dopo 5 anni, anche io faccio parte di questa folla. Non esco per andare al lavoro senza essere perfettamente truccata e vestita e ci sono giorni in cui mi piace fare questa parte. Una parte, appunto. Sembra quasi una recita, in cui mi sento obbligata ad interpretare la parte della donna coreana di mondo sempre preparata e all’ultima moda. È una recita per me, ma ormai so benissimo che non sono l’unica, è una recita per tutti. L’importante è dimostrare al mondo quanto perfetti e alla moda si è, poi, appena arrivati in ufficio, la recita finisce. Le donne si tolgono i tacchi vertiginosi e li sostituiscono con pantofole di dubbio gusto e la loro recita per il momento finisce qui.

Dopo questi anni ho realizzato che per loro in realtà è un qualcosa di assolutamente normale. Non si  vestono in tiro e truccano alla perfezione perché a loro piace o perché se facessero il contrario verrebbero giudicate, è semplicemente una regola sociale: se vai in determinati posti o stai in determinati ambienti devi essere perfetta, per tutto il resto viva il barbonaggio. Detto così sembra molto simile alla situazione in Italia, me ne rendo conto, ma in Corea la trasformazione è totale. In Italia in pochi si sognerebbero di andare a fare la spesa in ciabatte e pigiama, in Corea è semplicemente la routine.
La conclusione? Mi ritrovo una pelle perfetta (o comunque di certo molto più curata di 5 anni fa), ho molti vestiti alla moda e tacchi che non uso, ma alla fine della giornata, non mi interessa nulla di tutto ciò, mi bastano le mie belle ciabatte di plastica a righe e un bel pigiama da ajumma e sono pronta ad uscire nel vicinato. In Italia sarei già stata arrestata con l’accusa di esser una fashion killer.

Le relazioni con le altre persone

Mi sono sempre definita una timida estroversa, premettiamolo, ma vivere in Corea ha peggiorato e migliorato questa cosa allo stesso tempo.
Timida estroversa mi rendo conto che possa essere un accostamento di aggettivi confusionario, ma è l’unico modo che ho mai trovato per descrivermi: sono di base molto timida con le persone che non conosco, con molta difficoltà vado a parlare con sconosciuti, ma nascondo sempre questa mia timidezza diventando logorroica e quindi apparendo estroversa. Non parlo con sconosciuti perché mi sento a mio agio, ma ci parlo perché se non lo facessi diventerebbe ancora più imbarazzante.

In ogni caso, com’ è cambiato il mio rapporto con gli altri, partendo da una base di carattere appunto da timida estroversa? Come ho già detto è sia peggiorato che migliorato. In Corea la differenza di età è estremamente importante e anche un solo anno di differenza può mettere i bastoni tra le ruote alla nascita spontanea di un’amicizia. Inizialmente la cosa non mi toccava più di tanto, ma come ci sono coreani che, capendo che sei straniero, non ti fanno pesare la cosa, ce ne sono anche altri molto più conservatori. Con il corso degli anni mi sono ritrovata quindi anche io a dare molta importanza all’età e ora il mio carattere è completamente bipolare (nei confronti dei coreani). Con persone più piccole sento quasi una sorta di superiorità e sapendo che anche loro essendo io più grande si sentono in soggezione, sono molto più a mio agio a parlare con loro e il mio lato timido quasi si annulla. Il contrario invece capita con le persone più grandi. In quel caso sono io a sentirmi inferiore o comunque ad essere più prudente con le parole e questo da invece la possibilità al mio lato timido di esplodere.
Mi rendo perfettamente conto che questo lato della cultura coreana possa essere criticato ero io la prima a farlo, ma in fin dei conti è solo grazie a questo aspetto socio culturale se la Corea si può definire una nazione rispettosa. Gli anziani vengono rispettati dai giovani e succede lo stesso anche con i professori, entrambi atteggiamenti che in Italia non sono ormai più molto comuni. I ragazzini coreani portano rispetto verso gli adulti e gli educatori e la trovo una cosa estremamente positiva, un valore che nelle nuove generazioni in Italia (la mia compresa) si sta ormai perdendo.

Mi rendo conto di essere quindi diventata molto più rispettosa verso gli altri e allo stesso tempo sono io stessa che, se una volta ero molto più introversa e mi sentivo sempre inferiore agli altri, ora ritengo di dover ricevere eguale rispetto, se non per l’età, almeno per la mia posizione sociale. In sostanza posso dire mi abbia dato più sicurezza in me stessa e autostima.

Le priorità

Queste sono sicuramente il cambiamento più grande che c’è stato. Sono sempre stata una persona determinata e sognatrice, ma il mio punto debole è sempre stato che nonostante avessi molte passioni e interessi nessuna è mai stata abbastanza forte da superare le altre. Mi sono quindi sempre ritrovata in bivi in cui magari avrei dovuto scegliere tra due lavori e, il non avere una vera e propria passione, mi ha sempre portata a prendere la rovinosa scelta di scegliere di farli entrambi. Due lavori, due corsi universitari, un minimo bisogno di dormire la notte… mi sono ben presto ritrovata in una situazione in cui la mia vita sembrava non avere più uno scopo preciso: va bene lavorare per guadagnare e studiare per arricchirsi, ma a quale scopo se poi l’unico tempo libero rimasto era quello per dormire?
Mi rendo conto che in realtà questo è un circolo vizioso in cui è molto facile cadere quando si è in Corea. Questa è la vita standard di molti Coreani: studi, trovi lavoro in un’azienda, passi tutte le tue giornate lì, spesso lavorando anche il weekend e ti ritrovi alla fine a vivere una vita vuota, lavorano per arricchire un’azienda a cui di te, come persona, non gli interessa più di tanto e spesso rinunciando alla famiglia e agli amici.
In questo vortice di eventi, come ogni coreano, ci sono finita anche io. Il che, lo ammetto, è stato un bene. Se fossi stata in Italia probabilmente non mi sarei mai ritrovata ad avere due lavori, anche con responsabilità non indifferenti, prima ancora di laurearmi e probabilmente avrei passato i miei anni universitari sperando, dopo la laurea, di poter essere assunta in una buona azienda. Ora, avendo già fatto questa esperienza, ho avuto l’occasione di rendermi conto che tutto ciò non fa per me. Non voglio essere uno tra i mille impiegati di una azienda, non voglio sacrificare la mia vita lavorando ad orari improponibili per portare a casa uno stipendio che poi non potrò mai spendere. No, ho bisogno di più libertà. Se voglio rimanere in Corea, senza iniziare ad odiare la nazione che mi ha regalato tanto in questi 5 anni, non posso permettermi di finire nuovamente nella routine dell’impiegata aziendale. Questo, infatti, penso sia proprio l’ostacolo più arduo.

Leggi anche: Com’è lavorare in un’azienda coreana.

Vivere la Corea come studenti o lavoratori part-time, per un periodo di tempo determinato è un esperienza fantastica, viverla da coreani può trasformarsi in un incubo da un giorno all’altro, dopo diversi anni di soggiorno qui, ci si rende conto di come la linea che separa le due esperienze va sempre più assottigliandosi.

Mi manca ancora un anno prima della laurea, il tempo a disposizione per chiarirmi le idee sulla direzione che voglio dare alla mia vita ce l’ho. Non so ancora se vorrò trascorrere altrettanti anni in Corea o se sceglierò una nuova destinazione, ma in ogni caso lo farò con la consapevolezza che voglio avere il totale controllo della mia vita e che non permetterò a nessuna società di impormi chi sono o cosa devo diventare.

Leggi anche: La mia vita in Corea: 3 anni dopo (Bora)

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Questo post non vi darà nessuna informazione utile o per lo meno pratica sulla Corea, ma sarà un modo personale per me per far luce sui cambiamenti che ho avuto e sui quali finora non ho mai riflettuto e per voi, forse, per conoscermi un po’ meglio.

Tra qualche settimana sarà il 5 anniversario del mio arrivo in Corea.

CINQUE ANNI. L’ho realizzato solo in questo momento, seduta in un treno che mi sta portando da Nizza a Firenze per lavoro. Con lo sguardo perso nell’infinita distesa di spiagge che mi scorrono veloci a lato. La prima impressione è che questi anni siano volati, letteralmente, ma cercando di elencare mentalmente tutti gli eventi successi in questo periodo mi sono resa conto di come, il mio arrivo in Corea, sembri in realtà un ricordo distante e questi appartenente a qualcun altro, un ricordo non mio.
Appena arrivata a Seoul ero euforica, un euforia che era un misto di aspettative e allo stesso tempo di timore. Timore di non essere in grado di farcela con le mie sole forze, timore di non riuscirmi ad adattare alla vita in una nazione con una cultura totalmente diversa dalla mia. Per il primo anno tutto è stato un susseguirsi di prime esperienze, era un po’ come essere tornata bambina, nulla era dato per scontato e ogni giorno portava con se un nuovo insegnamento.
Ora sono passati 5 anni. Il corso di coreano che ha dettato l’inizio di questa avventura è ormai un ricordo opaco, quasi appartenete ad un altra vita. La libertà di essere sempre fuori con gli amici a divertirmi e a scoprire questa nuova realtà e la spensieratezza di non dovermi preoccupare del futuro sono ormai privilegi che non mi posso più permettere. Senza nemmeno rendermene conto mi sono ritrovata catapultata in uno tsunami di responsabilità dalle quali non posso fuggire. Le mie priorità sono completamente cambiate e mi sono ritrovata a preoccuparmi 24h su 24 di faccende di lavoro e università, a volte quasi arrivando ad annullare la mia vita sociale. Sono diventata adulta. O forse no, sono solo diventata coreana.

Questa serie di pensieri che mi sono improvvisamente esplosi nella testa senza alcun preavviso mi hanno fatto riflettere molto: sarei la stessa persona che sono oggi anche se non fossi andata in Corea? Avrei lo stesso carattere?  Le stesse priorità? Forse no. Anzi, sicuramente no.

Dato che sono una persona matematica e onestamente i post troppo discorsivi non fanno proprio per me, proseguiamo subito con un bel elenco di tutti i cambiamenti che ho riscontrato dopo 5 anni vissuti in Corea. Li scoprirò anche io qui con voi man mano che scrivo questo articolo.

Dalla bella di giorno alla bestia di notte

Osservando la mia immagine riflessa nel finestrino di questo treno, che sembra non arrivare più, mi sono resa conto di come il mio modo di truccarmi, vestirmi e prendermi cura di me stessa sia radicalmente cambiato.
Sono ormai 16 anni che le vacanze estive le trascorro sulla costa Francese, questo treno mi ha vista crescere anno per anno, ma da quando sono partita per la Corea sono riuscita a venire solo un paio di volte. In passato avrei probabilmente indossato una t-shirt presa a caso dal mio armadio e un paio di shorts con delle scarpe da ginnastica, ma ora le cose sono cambiate.
La popolazione coreana, specialmente le nuove generazioni, è estremamente attenta alle apparenze. Si viene spesso e volentieri giudicati in base al modo in cui si è vestiti e essere sempre truccati e alla moda sembrano essere le priorità. Ogni mattina, prendendo la metro per andare a lavoro o all’università, mi ritrovo travolta da migliaia di coreani tutti attenti a sistemarsi i capelli e a ridefinire il loro trucco, le donne spesso con tacchi a spillo così vertiginosi che se li indossassi io, oltre a sembrare un insaccato pronto alla vendita, rischierei probabilmente di cadere e finire al pronto soccorso dopo il primo passo. Dopo 5 anni, anche io faccio parte di questa folla. Non esco per andare al lavoro senza essere perfettamente truccata e vestita e ci sono giorni in cui mi piace fare questa parte. Una parte, appunto. Sembra quasi una recita, in cui mi sento obbligata ad interpretare la parte della donna coreana di mondo sempre preparata e all’ultima moda. È una recita per me, ma ormai so benissimo che non sono l’unica, è una recita per tutti. L’importante è dimostrare al mondo quanto perfetti e alla moda si è, poi, appena arrivati in ufficio, la recita finisce. Le donne si tolgono i tacchi vertiginosi e li sostituiscono con pantofole di dubbio gusto e la loro recita per il momento finisce qui.

Dopo questi anni ho realizzato che per loro in realtà è un qualcosa di assolutamente normale. Non si  vestono in tiro e truccano alla perfezione perché a loro piace o perché se facessero il contrario verrebbero giudicate, è semplicemente una regola sociale: se vai in determinati posti o stai in determinati ambienti devi essere perfetta, per tutto il resto viva il barbonaggio. Detto così sembra molto simile alla situazione in Italia, me ne rendo conto, ma in Corea la trasformazione è totale. In Italia in pochi si sognerebbero di andare a fare la spesa in ciabatte e pigiama, in Corea è semplicemente la routine.
La conclusione? Mi ritrovo una pelle perfetta (o comunque di certo molto più curata di 5 anni fa), ho molti vestiti alla moda e tacchi che non uso, ma alla fine della giornata, non mi interessa nulla di tutto ciò, mi bastano le mie belle ciabatte di plastica a righe e un bel pigiama da ajumma e sono pronta ad uscire nel vicinato. In Italia sarei già stata arrestata con l’accusa di esser una fashion killer.

Le relazioni con le altre persone

Mi sono sempre definita una timida estroversa, premettiamolo, ma vivere in Corea ha peggiorato e migliorato questa cosa allo stesso tempo.
Timida estroversa mi rendo conto che possa essere un accostamento di aggettivi confusionario, ma è l’unico modo che ho mai trovato per descrivermi: sono di base molto timida con le persone che non conosco, con molta difficoltà vado a parlare con sconosciuti, ma nascondo sempre questa mia timidezza diventando logorroica e quindi apparendo estroversa. Non parlo con sconosciuti perché mi sento a mio agio, ma ci parlo perché se non lo facessi diventerebbe ancora più imbarazzante.

In ogni caso, com’ è cambiato il mio rapporto con gli altri, partendo da una base di carattere appunto da timida estroversa? Come ho già detto è sia peggiorato che migliorato. In Corea la differenza di età è estremamente importante e anche un solo anno di differenza può mettere i bastoni tra le ruote alla nascita spontanea di un’amicizia. Inizialmente la cosa non mi toccava più di tanto, ma come ci sono coreani che, capendo che sei straniero, non ti fanno pesare la cosa, ce ne sono anche altri molto più conservatori. Con il corso degli anni mi sono ritrovata quindi anche io a dare molta importanza all’età e ora il mio carattere è completamente bipolare (nei confronti dei coreani). Con persone più piccole sento quasi una sorta di superiorità e sapendo che anche loro essendo io più grande si sentono in soggezione, sono molto più a mio agio a parlare con loro e il mio lato timido quasi si annulla. Il contrario invece capita con le persone più grandi. In quel caso sono io a sentirmi inferiore o comunque ad essere più prudente con le parole e questo da invece la possibilità al mio lato timido di esplodere.
Mi rendo perfettamente conto che questo lato della cultura coreana possa essere criticato ero io la prima a farlo, ma in fin dei conti è solo grazie a questo aspetto socio culturale se la Corea si può definire una nazione rispettosa. Gli anziani vengono rispettati dai giovani e succede lo stesso anche con i professori, entrambi atteggiamenti che in Italia non sono ormai più molto comuni. I ragazzini coreani portano rispetto verso gli adulti e gli educatori e la trovo una cosa estremamente positiva, un valore che nelle nuove generazioni in Italia (la mia compresa) si sta ormai perdendo.

Mi rendo conto di essere quindi diventata molto più rispettosa verso gli altri e allo stesso tempo sono io stessa che, se una volta ero molto più introversa e mi sentivo sempre inferiore agli altri, ora ritengo di dover ricevere eguale rispetto, se non per l’età, almeno per la mia posizione sociale. In sostanza posso dire mi abbia dato più sicurezza in me stessa e autostima.

Le priorità

Queste sono sicuramente il cambiamento più grande che c’è stato. Sono sempre stata una persona determinata e sognatrice, ma il mio punto debole è sempre stato che nonostante avessi molte passioni e interessi nessuna è mai stata abbastanza forte da superare le altre. Mi sono quindi sempre ritrovata in bivi in cui magari avrei dovuto scegliere tra due lavori e, il non avere una vera e propria passione, mi ha sempre portata a prendere la rovinosa scelta di scegliere di farli entrambi. Due lavori, due corsi universitari, un minimo bisogno di dormire la notte… mi sono ben presto ritrovata in una situazione in cui la mia vita sembrava non avere più uno scopo preciso: va bene lavorare per guadagnare e studiare per arricchirsi, ma a quale scopo se poi l’unico tempo libero rimasto era quello per dormire?
Mi rendo conto che in realtà questo è un circolo vizioso in cui è molto facile cadere quando si è in Corea. Questa è la vita standard di molti Coreani: studi, trovi lavoro in un’azienda, passi tutte le tue giornate lì, spesso lavorando anche il weekend e ti ritrovi alla fine a vivere una vita vuota, lavorano per arricchire un’azienda a cui di te, come persona, non gli interessa più di tanto e spesso rinunciando alla famiglia e agli amici.
In questo vortice di eventi, come ogni coreano, ci sono finita anche io. Il che, lo ammetto, è stato un bene. Se fossi stata in Italia probabilmente non mi sarei mai ritrovata ad avere due lavori, anche con responsabilità non indifferenti, prima ancora di laurearmi e probabilmente avrei passato i miei anni universitari sperando, dopo la laurea, di poter essere assunta in una buona azienda. Ora, avendo già fatto questa esperienza, ho avuto l’occasione di rendermi conto che tutto ciò non fa per me. Non voglio essere uno tra i mille impiegati di una azienda, non voglio sacrificare la mia vita lavorando ad orari improponibili per portare a casa uno stipendio che poi non potrò mai spendere. No, ho bisogno di più libertà. Se voglio rimanere in Corea, senza iniziare ad odiare la nazione che mi ha regalato tanto in questi 5 anni, non posso permettermi di finire nuovamente nella routine dell’impiegata aziendale. Questo, infatti, penso sia proprio l’ostacolo più arduo.

Leggi anche: Com’è lavorare in un’azienda coreana.

Vivere la Corea come studenti o lavoratori part-time, per un periodo di tempo determinato è un esperienza fantastica, viverla da coreani può trasformarsi in un incubo da un giorno all’altro, dopo diversi anni di soggiorno qui, ci si rende conto di come la linea che separa le due esperienze va sempre più assottigliandosi.

Mi manca ancora un anno prima della laurea, il tempo a disposizione per chiarirmi le idee sulla direzione che voglio dare alla mia vita ce l’ho. Non so ancora se vorrò trascorrere altrettanti anni in Corea o se sceglierò una nuova destinazione, ma in ogni caso lo farò con la consapevolezza che voglio avere il totale controllo della mia vita e che non permetterò a nessuna società di impormi chi sono o cosa devo diventare.

Leggi anche: La mia vita in Corea: 3 anni dopo (Bora)

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Commenti

  1. Stefano 11 Settembre 2016 at 3:49 PM

    Grazie per la condivisione dei tuoi pensieri.
    Ne approfitto per ringraziarvi del vostro blog, (è un po’ che mi dico, prima o poi devo scrivere per ingraziare).
    A marzo sono stato a Seoul, per vedere questo grande paese, anche influenzato dal fatto di aver amici koreani che ho conosciuto in Inghilterra e di cui sono tuttora in contatto, qualcuno sono riuscito a rivederlo in Korea, e ne ho conosciuti di nuovi.
    Mentre cercavo info su Seoul mi sono imbattuto in questo blog, e grazie a voi ho scoperto in anteprima l’esistenza della T-money ad esempio.
    Così vi ringrazio e tuttora talvolta leggo i vostri articoli e vedo i vostri video per sentire un po’ della Korea, certo, ma soprattutto perché mi rilassa, in quanto apprezzo tantissimo la vostra leggerezza.
    Apprezzo anche il fatto che cercate di parlare di pro e contro, non dando per forza l’immagine di un paese perfetto. Nessun paese lo è.
    Ovviamente, io essendo stato poco ,mi sembrava tutto bellissimo, ma so che viverci è sempre diverso.
    Ad esempio, avendo la fortuna di avere questi amici koreani che hanno vissuto in Europa per diversi anni (studiando e lavorando), ho avuto la possibilità di fare un confronto.
    Ad esempio ricordo che quando sono stato a Seoul dissi ad una cara amica che trovavo così alta la qualità della vita (anche perché è molto sicura). Lei mi rispose che invece secondo lei si stava molto meglio in Europa (per Europa lei intendeva più che altro il nord Europa, in particolare Irlanda, UK, Olanda e Germania). In Italia non ci vivrebbe, forse anche po’ colpa mia che gli dato l’idea di un paese senza futuro), però considera Firenze la città più bella del mondo. Quale onore… 🙂
    Il punto è che lei mi diceva che secondo lei la società koreana è troppo rigida e spesso ipocrita, io gli ho detto che anche in Europa c’è tanta ipocrisia, ma lei mi ha risposto che secondo lei noi siamo più liberi di esprimerci mentre in Korea talvolta ci si standardizza a seguito della rigidità delle regole, ed ha aggiunto parlando di politica (a volte facevamo discorsi noiosi di questo tipo) che in Korea tanti politici sono corrotti e lei non si fida per niente di loro, io risposi che da noi probabilmente è anche peggio, ma lei mi disse che la differenza è che ha visto che noi andiamo persino in televisione lo diciamo apertamente, mentre in Korea è impossibile questo e tutti fingono grande rispetto per i politici, ma appunto fingono… poi ha detto tanto altro,anche su altri temi, ma serebbe troppo lungo da scrive. T.T Meglio mi fermi qua, ma comunque il tutto per dirmi che secondo lei la società koreana è ancora troppo rigida, ed a lei non piace dopo che ha visto il nord Europa.
    Comunque è la sua opinione, ma ho notato che un altro amico che ha vissuto anni a Londra sta pensando di tornarci. Forse si tende sempre a pensare che gli altri stanno meglio, non so.
    Comunque, a proposito del rispetto, in metropolitana a Seoul, è successa una cosa che mi ha commosso.
    Un ragazzino mi è venuto addosso, e forse intimorito perché ero occidentale, si è scusato con un bel inchino. Questo ce lo sognamo in Italia ma anche in Europa. Mi sono commosso, dico davvero.
    Comunque si, noto un aumento della maleducazione in Italia, ma credo il peggioramento è purtroppo comune, con diverse tonalità, in tutti i paesi occidentali da quello che vedo.
    A proposito del tuo futuro, magari potresti fare in modo che il blog diventi il tuo lavoro, magari aggiungendo della consulenza o la creazione di viaggi personalizzati,ecc comunque so che è molto difficile, ci vuole davvero tanta passione ed anche fortuna.
    Vi auguro il meglio.
    Quando ero in Korea, sono andato a vedere la base di Panmunjom e con amici koreani ho provato a chiedere cosa pensassero dei loro cugini settentrionali, essendo curioso.
    Forse potrà essere noioso, ma secondo me ci potrebbe stare un articoletto da parte vostra su questo tema, secondo può essere utile per capire ancora meglio questa fantastica nazione. Che ne dite? Ovviamente solo se vi va…. 🙂
    Chiedo scusa se ho scritto troppo.
    Grazie

    • Anna 20 Settembre 2016 at 5:55 AM

      Ciao, grazie mille per il messaggio e i consigli, mi ha fatto molto piacere leggere questo messaggio!
      Per quanto riguarda ciò che ha detto la tua amica mi trovo molto d’accordo. La società coreana è ancora molto rigida e nonostante ad un primo impatto possa sembrare tutto semplice e bello in realtà è una società estremamente complessa che crea individui altrettanto insicuri e complicati. Ovviamente ci sono tanti problemi qui come ci sono in Italia, in modo molto diverso, ma allo stesso tempo anche simile! Poi alla fine penso sia impossibile o comunque molto difficile trovare una nazioni che si adatti perfettamente alle nostre necessità, sopratutto perchè spesso noi siamo i primi a non sapere cosa cerchiamo veramente.
      Grazie mille anche per il consiglio sull’articolo! Ci lavoreremo su!

      Buona giornata,

      Anna

      • stefano 26 Settembre 2016 at 12:06 PM

        Mi fa piacere e vi ringrazio per aver solo preso in considerazione l’idea dell’articolo, sicuramente non è tema facile, ma secondo me è interessante per poter cogliere meglio qualche sfumatura in più su questo grande paese.
        Voglio solo aggiungere che le tue sono sagge parole sul fatto che noi, molto spesso, siamo i prima a non sapere cosa cerchiamo… 😀
        Forse troppe distrazioni o forse ci vogliono anche confusi e insicuri (è anche una regola del marketing), sicuramente è complicato.
        Ancora grazie per i vostri articoli e video… 🙂

  2. Marco 17 Luglio 2016 at 5:04 PM

    Mi piacciono troppo questi articoli!!!!
    Vorrei solo dare la mia opinione su certi aspetti, il rispetto che i giovani rivolgono verso i più anziani per me è qualcosa di più, direi è un tacito assenso, senza possibilità di confronto.
    Questo lato della cultura è stato criticato (vedi la strage del sewol).
    Per il lavoro aziendale, guarda che anche negli altri paesi europei (esempio francia e germania, non cito italia perchè qui la situazione è assurda da altri punti di vista) si lavora a questi ritmi, il lavoratore certamente è più tutelato (ferie e malattia ecc) ma gli orari restano quelli.
    Il freelance anche me piacerebbe farlo ma secondo me (almeno parlo lato europeo) è un mercato chiuso, nel senso che è difficile trovare lavoro se non ti fai il nome, non ti fai conoscere, quindi si troverebbe altre difficoltà. Però resta il fatto che almeno non vivi per lavorare.

    • Anna 18 Luglio 2016 at 11:11 AM

      Indubbiamente sono tutti aspetti con lati sia positivi che negativi.
      Per quanto riguarda il rispetto per gli anziani sicuramente non è al 100% positivo in Corea a causa delle modalità e di diversi aspetti culturali, ma paragonando la situazione coreana a quella italiana mi è difficile vederla come una cosa negativa.
      In Italia, almeno dalle mie parti, mi capita sempre più spesso di vedere bambini che rispondono male ai genitori usando anche insulti ed è una cosa che trovo assolutamente disgustosa. In generale noto che in Italia il rispetto per le persone più grandi non esiste quasi più, tanto meno per gli anziani ed è una cosa veramente disgustosa.
      Ovviamente le modalità in cui si esprime questo rispetto in Corea non è il massimo e spesso le persone se ne approfittano, ma per lo meno i bambini non rispondono male ai genitori, spessissimo in metro ci sono ragazzi giovani che aiutano gli anziani a portare le borse ecc ecc. In Italia queste sono cose che capitano raramente, mentre in Corea sono ancora la quotidianità.

      Per quanto riguarda il lavoro io mi sono basata su cose che mi sono state dette da persone che hanno lavorato anche in Europa. Indubbiamente i ritmi sono pressanti ovunque, ma da quanto so, in Europa anche se si resta a lavorare fino a tardi lo si fa perchè c’è molto lavoro da fare e comunque si lavora in modo proficuo, in Corea rimangono tranquillamente anche fino alle 10 di sera (senza essere pagati gli straordinari) e tutto solo perchè se il capo settore è ancora in ufficio i dipendenti non se ne possono tornare a casa se no ci fanno una brutta figura.
      Diventa a mio avviso una perdita di tempo. Avendo visto come lavorano mi sono resa conto che non sono efficienti a lavoro. Stanno 15 ore al lavoro quando ciò che fanno lo potrebbero fare in metà del tempo, ma tanto sanno che devono in ogni caso rimanere li quindi fanno le cose molto lentamente.
      Poi io non so, ma almeno in Italia non ho mai conosciuto persone che regolarmente lavorano fino alle 9-10 di sera (senza essere pagati gli straordinari) solo perchè non possono andare a casa perchè il capo è ancora li a lavorare.

      Infine, per i freelance io parlo solo per il mercato coreano. Ho notato che essendo che non ci sono tanti italiani che parlano coreano ad un buon livello il lavoro e il mercato c’è, almeno per ora!

      • Sultana 2 Agosto 2016 at 6:05 PM

        Un bel articolo, posso immaginare quanto posso essere difficile per te ecc,io non sono ancora andata in corea,il mio sogno e diciamo “obbiettivo” è andarci come turista.

        Mi piacerebbe tanto andarci.
        Comunque una parte dell altricolo mi ha affascinata nel senso “prendersi cura di se stessi,vestirsi e uscire in pigiama ?” una cosa che non ho mai fatto (uscire in pigiama) mi prendo cura di me stessa ma avvolte non mi sembra abbastanza,ho visto tanti video di persi in Corea (anzi tutti e sono fantastici meno male ci siete voi !!!) e la tua pelle è davvero bianca e ben curata,forse anche perché l’ambiente in Corea è diverso (non prendermi per pazza??)

        Anyway spero un giorno di venire in Corea (potrei venirvi a trovare per me sarebbe un sogno!!! ??) visitarla ecc..
        Bel alrticolo mi raccomando continuate a scrivere e fare video ..!!! Fighting ounnie !!

  3. Sexy_Noodle 16 Luglio 2016 at 5:29 PM

    ???❤

  4. Irene 15 Luglio 2016 at 5:07 PM

    Grazie per aver condiviso la tua esperienza e sono contenta di sapere che non sono l’unica a pensare che esistano persone timide estroverse. (eccomi sono io!!) mi sono perfettamente rispecchiata in quello che hai raccontato su di te e ho paura che possa anch’io finire per rendermi conto che una vita in Corea possa essere piena di dubbi e incertezze. Fino ad ora ho sempre visto i lati positivi della Corea, tralasciando e occultando quelli negativi per non rovinarmi il sogno che un giorno farò parte anche io di quel mondo. Sono tutt’ora convinta di voler fare un’esperienza in Corea, anche a lungo termine, ma ho paura di come potrei cambiare e di come i miei cari possano vedere in me quei lati che volevo occultare della Corea.
    Ciao e continuate così! Siete la mia finestra di realtà sulla Corea più di quanto pensassi!!

  5. Asta 15 Luglio 2016 at 11:45 AM

    Bello l’articolo. Da un certo punto di vista ti capisco. Anch’io mi sono trasferita dall’Italia ed è ormai quasi sei anni che vivo a Londra. Sono cambiata tanto, sono molto più responsabile e la mia visione della vita non rispecchia quella dell’italiano medio. Pero’ sono contentissima di questa esperienza e nonostante abbia deciso di trasferirmi a Seul questo Agosto, Londra rimarrà sempre tra le mie esperienze da ricordare.

  6. Emanuele 15 Luglio 2016 at 11:00 AM

    ok, ma alla fine, che lavoro fai in Korea? Come si svolge questa routine, a parte il truccarsi e vestirsi praticamente da sera, tutte le mattine? E come riesci a conciliare studio (visto che frequenti ancora l’università) e lavoro?

    • Anna 16 Luglio 2016 at 8:42 AM

      Il problema principale è proprio il fatto di fare sempre lavori diversi.
      Per esempio lo scorso semestre avevo un internship Lunedi, martedi, giovedi e venerdi fino alle 6-7 di sera, il mercoledì avevo concentrato tutti i corsi universitari quindi ero all’università fino alle 8 di sera e il sabato e la domenica lavoravo per un distributore coreano di pelletteria italiana fino alle 9.30 di sera. Insomma, non c’era proprio un secondo per vivere diciamo!
      Ora essendo periodo estivo non ho le lezioni all’università, ma è periodo di fiere, quindi lavoro come interprete per aziende italiane alle fiere di moda e sto facendo dei training con una azienda italiana per un progetto che partirà a settembre. Insomma, è sempre tutto molto movimentato diciamo!

      • Emanuele 16 Luglio 2016 at 11:18 AM

        Capito: ti faccio i miei complimenti……non c’è un attimo di tregua. Ancora non capisco come tu faccia a studiare, visto che finisci tutte le sere alle 8 – 9 e non hai neppure un giorno libero. Per me sarebbe uno stress invivibile. Rischi di non vedere mai gli amici fra l’altro! Cmq se riesci, a far tutto e ad avere ancora questo buon umore ed il piacere a vivere così……tanto di cappello!!!! Ciao

        • Anna 18 Luglio 2016 at 11:14 AM

          Infatti c’è stato questo periodo in cui non vedevo mai i miei amici, ero sempre nervosa perchè non avevo un attimo di libertà di fare ciò che volevo.
          Inizialmente presa da tante cose mi andava bene così, ma appunto mi sono resa conto che non aveva senso vivere in questo modo, quindi sto appunto cercando di trovare un equilibrio!

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